La Procura di Agrigento ha depositato ieri alla Suprema Corte il ricorso contro il provvedimento di scarcerazione di Carola Rackete. Intanto questa mattina l’interrogatorio della comandante della nave Sea Watch 3. Al suo arrivo, l’attivista della Ong non ha risposto alle domande dei cronisti. A suo sostegno c’era un presidio di manifestanti che esponeva un lenzuolo bianco con la scritta “Salvare vite in mare non è reato”.
La Procura della Repubblica di Agrigento ha depositato ieri il ricorso in Cassazione contro il provvedimento di scarcerazione di Carola Rackete, la comandante della nave Sea Watch 3 arrestata alla fine dello scorso mese a Lampedusa dopo essere approdata al porto con a bordo una quarantina di migranti salvati in acque libiche, disobbedendo allo stop della Guardia di Finanza.
Il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, e il pm Gloria Andreoli, chiedono alla Suprema Corte di annullare l’ordinanza del Gip Alessandra Vella che lo scorso 2 luglio non aveva convalidato l’arresto di Rackete. Nel ricorso, articolato in 18 pagine, i pm agrigentini sosterrebbero che non si può considerare la scriminante secondo la quale la comandante avrebbe adempiuto a un dovere, visto “che i migranti sarebbero stati in sicurezza con la massima assistenza delle autorità che avevano anche disposto gli sbarchi per motivi sanitari”.
“La permanenza nelle acque territoriali – si leggerebbe nel ricorso presentato alla Cassazione – era illegittima sulla base del provvedimento dei ministeri di Interni, Difesa e Infrastrutture, confermato dal Tar e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”.
Patronaggio e Andreoli sottolineerebbero che la decisione di Carola Rackete di forzare il blocco della Guardia di Finanza, speronandone una motovedetta, sarebbe stata presa quando “erano in corso trattative avviate per la collocazione dei migranti fra i vari Stati dell’Unione europea”.
“Lo stato di necessità – aggiungerebbero il numero uno della Procura di Agrigento e il sostituto procuratore – sussisteva al momento del salvataggio ma non certo quando [la 31enne tedesca] ha urtato la motovedetta della Guardia di Finanza. Inoltre l’obbligo di fare sbarcare i migranti incombeva sull’autorità di pubblica sicurezza e non certo sul comandante di Sea Watch”.
Il ricorso in cassazione arriva il giorno prima dell’interrogatorio di Carola Rackete disposto in Procura per questa mattina. A interrogare la comandante – assistita dai suoi difensori, gli avvocati Leonardo Marino e Alessandro Gamberini – il procuratore aggiunto Salvatore Vella e i pm Alessandra Russo e Cecilia Bavarelli. L’interrogatorio rientra nell’ambito del primo procedimento a carico di Rackete che ipotizza i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e “mancata obbedienza a nave da guerra”.
Commenta articolo