A Favara è uso dare alle fiamme i terreni con sterpaglie per purificarli con il fuoco. Questa pratica oramai troppo spesso presa a modello da proprietari terrieri è stata messa nuovamente in pratica anche ieri nelle zone di Contrada Gelardo Marino.
Ma tale attività, se praticata senza tenere conto di certi limiti, è perseguita dalla legge.
Alcuni dei problemi riguardano ad esempio il rischio incendi e il fumo che si viene a creare.
Quando si brucia sterpaglia e rami secchi è necessario prendere infatti le dovute precauzioni affinché le fiamme non divampino attorno. In teoria anche un incendio di piccole dimensioni, ma lasciato alla mercé del vento, potrebbe essere pericoloso. Il reato di incendio previsto dal codice penale che stabilisce [Art. 423 cod. pen.]: «Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni. La disposizione precedente si applica anche nel caso d’incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per la incolumità pubblica».
E questo è quello che normalmente accade. Si da fuoco alle sterpaglie senza curarsi di creare uno stagliafuoco che limiti la zona di azione delle fiamme. Non ci si fa cura nemmeno di far caso se quella zona è in quel momento, priva di vento. Ieri giovedì 14 luglio, ad esempio, la giornata ventosa non ha frenato i piromani. Il vento ha favorito l’estendersi dell’incendio da un terreno all’altro, rischiando pure di procurare danni a cose e animali. Inoltre le fiamme hanno avviluppato l’immondizia e le plastiche presenti nella zona a causa di depositi illegali creando alte colonne di fumo nero e tossico che gli abitanti della zona sono stati costretti a respirare.
Secondo la Cassazione, scatta il reato di incendio colposo di un proprio terreno quando il pericolo pubblico è determinato non solo da fiamme di vaste dimensioni, ma anche dalle loro dirette conseguenze, quali il calore, il fumo, la mancanza di ossigeno, l’eventuale sprigionarsi di gas pericolosi dalle materie incendiate.
Ed ancora, sempre la cassazione ha detto che il reato di incendio boschivo scatta anche in caso di estensioni di terreno a “boscaglia”, “sterpaglia” e “macchia mediterranea”, atteso che l’intento del legislatore è quello di dare tutela a entità naturalistiche indispensabili alla vita [Cass. sent. n. 3339/2015].
E come argomentato anche da altra giurisprudenza [Cass. sent. n. 14209/2008], il reato di incendio boschivo si configura indipendentemente dal tipo di vegetazione esistente sul terreno, essendo sufficiente che si tratti di area ove insista boscaglia, sterpaglia o altra vegetazione.
Dare alle fiamme sterpaglie in zone dove sono presenti rifiuti plastici e pericolosi è poi da ulteriore denuncia bella e buona. Soprattutto se accade in un territorio proprio come Contrada Gelardo Marino, dove ci sono addirittura delle aree poste sotto sequestro dalle forze dell’ordine a causa dell’eccessivo cumulo di rifiuti pericolosi.
D’altra parte, non è la prima volta che ciò accade, segno che qualcosa non funziona nel sistema. E pensare che proprio in quella zona è presente una telecamera di videosorveglianza del Comune di Favara che dovrebbe immortalare le immagini di chi getta spazzatura in maniera incontrollata nel vallone, lo stesso obiettivo che dovrebbe immortalare anche le scene di chi da alle fiamme le sterpaglie in maniera incontrollata.
La stessa zona, dopo un sopralluogo di alcuni consiglieri di Favara a quella che è stata denominata la “strada della vergogna”, maxi discarica da paura, era stata oggetto qualche mese fa di una interrogazione al sindaco Palumbo a firma di quasi tutti i consiglieri comunali di Favara con in testa il consigliere Alessandro Pitruzzella.
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