Il procuratore generale ha chiesto ai giudici della Corte d’Appello di Palermo la conferma delle due condanne decise in primo grado per l’omicidio di Pasquale Mangione, il pensionato di Raffadali ucciso il 2 dicembre del 2011 nella sua casa di campagna di contrada “Modaccamo”. Il Gup del Tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, lo scorso 25 luglio, ha inflitto 30 anni di reclusione al trentaseienne Angelo D’Antona e 16 anni ad Antonino Mangione, 42 anni, entrambi raffadalesi. E’ stato quest’ultimo a raccontare alla polizia di avere ricevuto l’incarico di commettere l’omicidio e di averlo organizzato ingaggiando i due esecutori materiali.
I difensori di D’Antona, gli avvocati Salvatore Pennica e Alba Raguccia, hanno chiesto l’assoluzione sostenendo che le accuse di Antonino Mangione sono false e sono tornati a chiedere l’audizione dell’ex compagna del collaborante. I giudici decideranno nell’udienza del 17 luglio prossimo. L’avvocato Valentina Tranchina, legale del collaborante, invece, ha chiesto una riduzione di pena. A commettere materialmente l’omicidio, secondo il racconto di Mangione, sarebbero stati Roberto Lampasona di Santa Elisabetta e D’Antona. La posizione di Lampasona è stata stralciata e il processo è in corso di svolgimento davanti al Tribunale di Agrigento.
La posizione del figlio della vittima, in un primo momento indagato con l’accusa di essere stato il mandante, è stata archiviata.
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