Approda in Cassazione l’omicidio della favarese Lorena Quaranta, uccisa dal fidanzato il 31 marzo del 2020 nell’abitazione che condividevano a Furci Siculo nel Messinese in pieno lockdown per il Covid. I giudici della prima sezione penale della Suprema Corte si pronunceranno sul caso il prossimo 30 maggio.
Gli avvocati Salvatore Staiano e Bruno Ganino, quest’ultimo appena nominato cassazionista del foro di Catanzaro, difensori di Antonio De Pace, infermiere calabrese di 32 anni, condannato in primo e secondo grado all’ergastolo, chiederanno l’applicazione delle attenuanti generiche nei confronti del giovane, reo confesso dell’atroce delitto.
Una richiesta già rigettata dai giudici d’appello che hanno inflitto all’imputato il massimo della pena. All’epoca del terribile omicidio è stato lo stesso De Pace a chiamare i carabinieri al telefono: “Venite, ho ucciso la mia fidanzata”. Lorena Quaranta sarebbe stata picchiata, colpita con una lampada da comodino e infine strangolata. Il movente non è mai stato del tutto chiarito.
L’infermiere calabrese era stato dichiarato capace di intendere e di volere, quindi imputabile, al termine della perizia effettuata per conto della Procura dal professore Stefano Ferracuti che aveva riscontrato l’assenza di “disturbi psichiatrici” nel ragazzo, all’epoca dei fatti vittima di una “importante condizione ansiosa”.
De Pace ha sostenuto, almeno nelle prime fasi delle indagini, di avere ucciso la fidanzata perché convinto di aver contratto il Covid-19 a causa sua. Una circostanza che è stata ritenuta non credibile e smentita dai successivi esami effettuati.
Commenta articolo